Diritto di critica politica: i toni forti non configurano reato di diffamazione.

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 11571/2025, ha chiarito che l’impiego di espressioni crude non travalicano i limiti della continenza, purché non eccedano in attacchi personali finalizzati ad aggredire l’altrui reputazione e siano caratterizzate da verità oggettiva. 

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un cittadino condannato dalla Corte d’Appello di Salerno per aver pubblicato su “Facebook” un post contenente termini offensivi,  quali “assassino” e “maledetti”, nei confronti del sindaco e dei componenti della giunta comunale di Amalfi.


Tuttavia, mentre i giudici di merito hanno condannato il cittadino per #diffamazione aggravata, la Suprema Corte ha, invece, statuito che l’impiego iperbolico di tali termini hanno un evidente intento provocatorio, diretto a svolgere una funzione meramente enfatica per sottolineare la gravità dei fatti denunciati nel post.

In particolare, se le critiche poste in essere hanno una pertinente forma espositiva, strettamente correlate alla finalità di disapprovazione e non travalichino nell’ingiustificata aggressione nei confronti dell’altrui reputazione, ciò non limita l’utilizzo di tali espressioni che, seppur concretamente offensive, abbiano un mero significato di critica negativa di cui è fondamentale tenere in considerazione alla luce del contesto entro cui viene impiegato.

In conclusione, suddette espressioni, seppur connotate da toni forti, sono state ritenute dal supremo consesso e nel caso in specie,  rientranti entro i limiti di diritto di critica politica. 

Studio legale Mastrovito

Tags: , , , , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *